Io non lo so più quante vigne fanno solo il vino e quanti uliveti fanno solo le olive, in Abruzzo.
Ora c’è questa moda di fare pranzi per turisti durante la raccolta delle olive, di far raccogliere l’uva al turista per fargli provare l’ebrezza..
Ma nessuno si preoccupa che quella vendemmia non sia più la stessa cosa, che l’atmosfera intensa e particolare di una raccolta delle olive vada persa in nome del soldo.
Poi andiamo in Laos e diciamo “che vita autentica, lì si fa tutto come una volta, la gente non sa cos’è il turismo, sono stata accolta da una famiglia che…”
Fino in Laos. Quando l’Abruzzo è ancora una regione autentica proprio per il difetto che più gli viene criticato: non ci apriamo facilmente al turismo.
Rimanere indietro e autenticità
Abbiamo ancora la signora che ricama, che non parla un filo di italiano, che si veste a lutto, che ricorda e perpetra rituali di cui non conosciamo più il significato.
Abbiamo ancora la trattoria alla buona, dove la signora cucina per cucinare e se non ha voglia dice “no, oggi non facciamo” (giuro!).
Abbiamo l’artigiano che crea e “si accontenta” solo di vendere (senza workshop, e-commerce e partnership) e produttori che fanno semplicemente e autenticamente il proprio lavoro e molto spesso l’eccellenza.
Abbiamo l’artigiano che crea e “si accontenta” solo di vendere (senza workshop, e-commerce e partnership) e produttori che fanno semplicemente e autenticamente il proprio lavoro e molto spesso l’eccellenza.
Però ci piace scimiottare, guardare alla Toscana, dire che “bravi loro, loro sì che riescono a fare i soldi, noi siamo i soliti poveracci ignoranti che abbiamo una perla e non la sappiamo sfruttare”.
No, non la sappiamo svendere. ma la sappiamo sfruttare benissimo.
Se è vero che un pranzo della domenica è ancora un pranzo della domenica, che una passeggiata al bosco di Sant’Antonio vale sempre la pena, che scalare il Monte Amaro è ancora un’emozione prima di un “itinerario” turistico.
Se è vero che un pranzo della domenica è ancora un pranzo della domenica, che una passeggiata al bosco di Sant’Antonio vale sempre la pena, che scalare il Monte Amaro è ancora un’emozione prima di un “itinerario” turistico.
Valorizzare vs Vendere
Io ho sempre pensato che la nostra chiusura fosse la nostra salvezza e che valorizzare una terra non voglia dire metterla in vendita.
Vuol dire prima di tutto crederci, in quel valore.
Non vendere i terreni ai primi stranieri che, ahimè, ti ricoprono di soldi, perchè poi è difficile che portino avanti le tradizioni locali (anche se poi in Puglia la manovalanza albanese padroneggia l’arte dei muretti a secco meglio di molti locali che l’hanno persa o a Bologna le nuove sfogline sono ragazzi asiatici, quindi dipende)
Mangiare in quella trattoria, acquistare l’artigianato locale (bello l’Abruzzo, se però poi i ferri per il camino li compri a Leroy Merlin, non funziona più) invece di promuoverlo come una bandiera, comprare formaggi e salumi dai produttori o nelle botteghe invece che nei supermercati con filiera nazionale o estera.
E vuol dire non distruggere la costa, non cementificare la costa, non regalarla a costosi resort in cui nessuno di noi potrà accedere mai.
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