Ho conosciuto Alessandro ad un corso per Educatori Ambientali.
Abbiamo progettato attività didattiche insieme, ci siamo persi per le vie di un paesino e siamo finiti dentro casa di un signore che pensava fossimo tecnici del Comune che controllavano i danni sismici!
Poi ci ha raccontato di Giada e della Tribu del Sole e il progetto ci è piaciuto così tanto che abbiamo fatto di tutto per portarlo qui in Abruzzo.
A novembre scorso è nato Outdoor Education e oggi posso dire: che orgoglio ospitare una cosa così intensa e importante e bella!
Ci sono persone che ti stupiscono per la saggezza e la competenza che sono riuscite ad accumulare nel breve tempo delle loro vite. Pensi che ce ne vorrebbero 2-3 di vite, per arrivare ad una cognizione di causa così. Giada e Alessandro ci hanno dato la vera misura di cosa significa educare un bambino (ma anche noi stessi) alla libertà, all’autonomia, all’esplorazione e alla conoscenza di sè e dei propri limiti.
Questo corso mi ha dato tanto in termini di conoscenze e consapevolezza e credo sia doveroso oltre che bello condividere anche con te ciò che ho imparato.
Non dai ciò che non hai
Questo è un punto su cui Giada si è soffermata molte volte: non puoi insegnare ai bimbi a suonare se la musica non è la tua passione, non puoi creare un orto con loro se tu non hai mai avuto interesse a farlo. Perchè lo capiscono, perchè insegnare non è il mero passaggio di una tecnica, ma la trasmissione del tuo punto di vista appassionato, unico e sincero.
Aggiungo, per esperienza personale, che i bambini piccoli sgamano anche i sentimenti non sinceri: non puoi calmare un bambino se non sei prima calma tu, e ogni volta che hai la tentazione di dire “oggi mio figlio è nervoso/eccitato/di cattivo umore (ma anche sereno/tranquillo/contento)” puoi tranquillamente rivolgere quella stessa frase a te, perchè loro quasi sempre sono lo specchio sincero di quello che c’è nell’aria.
L’autostima nasce grazie ai feedback
Parlo delle risposte che riceviamo dagli altri e dall’ambiente che viviamo. Da una parte sembra scontato, ma dall’altra ci si fa poco caso. Un bambino (ma vale anche per persone di altre età) a cui si ripete in continuazione “non sei capace!” o “sei il solito …” oppure anche un semplice e affettuoso ma continuo “monello!”, alla fine si riconoscerà in questa definizione costante.
Le parole hanno un peso, sono la definizione di ciò che è. Anche un “brava!” o “sei bellissima” (anche se per me sono una tentazione fortissima!!) usati troppo spesso e magari senza una vera aderenza alla realtà possono dare un’informazione sbagliata. D’altra parte non dire niente li lascia in un vuoto di senso e senza la possibilità di confrontarsi con la realtà, quindi li priva di informazioni importantissime.
E’ questione di dare il giusto peso, avere misura. Siamo figli di un’educazione quantomeno approssimativa, sono automatismi che ci portiamo dietro da sempre e a queste cose ci iniziamo a badare adesso.
Domanda invece di dare risposte
D’istinto, pensiamo che educare sia dare spiegazioni. Essere più precisi possibile nel descrivere la realtà per consegnarla a loro nel dettaglio.
Ma hai mai provato a chiedere ad un bimbo la sua versione?
Ti stupirai di quanto è accurata e ragionata. Non è detto che corrisponda alla realtà, ma dà modo a lui di confrontarsi con le piccole grandi questioni della vita, invece di prendere un pacchetto già pronto, da inserire sbadatamente nel proprio bagaglio culturale.
Io da quando ne ho capito l’importanza, prima di dire la mia, alle domande di mio figlio rispondo con un’altra domanda: “Secondo te?”.
Ne sono nate grandi disquisizioni e devo dire che forse sta insegnando più lui a me che viceversa!
Chiedere feedback non è segno di debolezza
Durante l’intero corso, Giada e Alessandro hanno ritagliato diversi momenti di scambio riflessioni. I partecipanti erano chiamati a dire cosa pensavano di ciò che era appena successo, come si erano sentiti, cosa avevano trovato utile, ecc.
Durante i miei corsi io non l’ho mai fatto, per quanto sarebbe stato utilissimo, perchè, da novellina, mi dava l’idea di una dimostrazione di insicurezza, invece oltre all’evidente utilità, ho scoperto che è un momento bellissimo, che da solo vale l’intero corso. Quasi come se il senso di tutto in realtà fosse in questo scambio e gli argomenti trattati fossero un pretesto per arrivarci.
La cosa magica dei corsi fatti con persone belle è che poi partecipano persone belle (a proposito, grazie!!). E al di là dell’argomento e dell’attività della giornata, si crea un’atmosfera di intima cooperazione, tutti si impegnano a dare il meglio, a essere il meglio, a riconoscere il meglio nell’altro. Si scatena una catena virtuosa di condivisione e complicità. In poche ore, in venti persone.
Fatti guidare dalle emozioni
Questo non è stato un insegnamento esplicito. E’ più un senso profondo che è passato tra le righe, ma che per me ha rappresentato di fatto una rivoluzione che tocca e toccherà tutti i prossimi progetti del Peromelo.
Sul piano dei contenuti, secondo me Giada e Alessandro sono stati impeccabili: gli esempi reali portati direttamente dalla loro scuola, la messa in pratica delle teorie di Steiner e Montessori che non sono sempre conciliabili e non vanno presi – come qualsiasi tipo di pensiero – in maniera assoluta e cieca, gli accorgimenti burocratici o di relazione con i genitori sono stati preziosi insegnamenti.
Ma più dell’insegnamento vero e proprio, ciò che è passato è il modo con cui lavorano e comunicano. E alla fine ciò che mi è rimasto addosso è stata una serie di domande su di me, su come stavo vivendo le cose che faccio, i miei rapporti personali, ecc.
E mentre mi arrovellavo sul prossimo progetto, ho capito che Peromelo è prima di tutto autenticità e verità e non posso parlare di migliorare il mondo dell’educazione se poi io sono la prima che passa il tempo a progettare invece di stare con mio figlio.
Che devo ripartire dalla mia vita, per migliorare il mondo.
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