Il 23 marzo 2018 scrivevo:
Mi sono seduta sotto la tettoia, su una delle tante sedie trovate qua e là nei nostri viaggi di recupero, e mi sono messa a guardare. A guardare e a pensare.
All’inizio ero agitata, mille cose arrivavano insieme, mille dubbi e infinite liste di cose da fare (c’è una cura alle To do list?)
Poi, piano piano, lo spirito della natura, con il suo ritmo lento e il suo modo unico di non chiedere mai niente, evidentemente ha iniziato a fare effetto.
Fino a che ho capito: basta preoccuparsi di come le cose devono essere o come dobbiamo intervenire, basta pensare al risultato finale.
Il mio ruolo qui è quello di mettere le persone in condizione di poter fare, di mettersi alla prova.
Come per noi questo è il luogo dove provare, fare, mettere in pratica, così chi arriva deve poter seguire la propria curiosità e sperimentare direttamente.
E’ questo il genius loci del Peromelo: un lab sperimentale.
Perché mettendosi alla prova si sta bene, si ri-conoscono i propri limiti, ci si riappropria delle proprie mani, del proprio corpo e del proprio saper fare.
Peromelo. Il posto in cui puoi fare.
Non l’ho mai pubblicato perché mi sembrava trasparissero troppi dubbi, ma oggi che siamo molto più vicini alla meta, capisco che questi pensieri tracciavano esattamente la direzione che abbiamo preso.
E’ qui, camminando tra le erbe spontanee che ci vivono da sempre, affianco al torrente che scorre, in mezzo agli alberi che ospitano picchi, scoiattoli e ghiandaie, che potrai mettere alla prova il tuo rapporto con il selvatico, e alla fine, ritrovarti.
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