C’è un tempo della vita. che è quello della natura.
E’ ciclico, non finalistico, non produttivo, ma fatto di necessità.
E poi c’è il tempo pubblicato, la gara all’essere meglio di, al fare più di, la gara alla produzione di contenuti, all’accumulo di esperienze, all’accumulo di denaro.
Se ti affacci online (ma anche in tv, immagino) il tempo sparisce: c’è una corsa alla presenza (che poi è una corsa all’esistenza) che ti lascia per forza perdente, perché nessun umano è all’altezza. anzi, nessun umano dovrebbe essere all’altezza.
E io mi chiedo: ma perché? per chi? in nome di cosa corriamo, fingiamo, ci stressiamo, perdiamo (agli occhi di noi stessi), ci affanniamo, capitoliamo?

Questa quarantena ci spoglia. anche letteralmente: niente vestiti nuovi, niente tinta per i capelli, molti si sono fatti la barba e hanno trovato un viso che non vedevano da anni, molte lamentano l’assenza di un’estetista.
Ci spoglia e ci fa tornare noi stessi, animali nudi e crudi, fatti di necessità basilari e carnali, che forse si riducono a ‘stare con gli altri’.

Sempre con il dovuto rispetto verso chi sta incontrando difficoltà a causa dell’epidemia, chi sta soffrendo le perdite, chi perderà molto a causa di questa prolungata quarantena, vorrei evidenziare ciò che di buono si può trarre dalla tragedia del coronavirus.

Le crisi portano sempre risposte, spietate e vere. In questo caso abbiamo tra le mani una lente che ci mostra solo ciò che davvero ha senso, ciò che resiste anche quando tutto il resto cola a picco. E questo per me ha valore inestimabile.
Certi discorsi, in tempi di grassa, non sono proponibili, non abbiamo le orecchie per ascoltarli, ma ora tutto appare chiaro.

Ha senso avere un armadio pieno di vestiti quando l’unica cosa che importa è poter vedere chi ami?
E’ essenziale una torta a 3 piani in pasta di zucchero per un compleanno?
E’ indispensabile il taxi per muoversi in città?
Possiamo davvero permetterci di spostarci ogni anno in aereo?

Abbiamo creato mestieri, eventi, luoghi, in sostanza… per noia. Perché avevamo tutto e non sapevamo più che inventarci. Ora che solo l’essenziale (e il digitale, ma questo è un altro discorso) rimane in piedi, si vede quanto c’era di superfluo al mondo. E ciò che non è necessario semplicemente non dovrebbe esserci. E’ di troppo, non fa bene. Sbrilluccica, ma non aiuta. Semmai ti porta lontano da te, dai tuoi bisogni reali.

E’ brutto dirlo, ma alla conta dei fatti, molte delle cose di cui abbiamo fatto a meno in questo periodo forse non sono poi così indispensabili (con eccezioni, che sono appunto esigenze eccezionali e specifiche).
L’unica cosa che davvero conta sono i rapporti umani. Quelli che diamo per scontati, che non ci affanniamo a curare, che facciamo trascinare dal tempo e dai “domani chiamerò”.

Bene, è venuto il momento di dare priorità a ciò che davvero conta per noi.