Sono sempre stata appassionata di design e, quando ero studentessa, avevo la camera piena zeppa di riviste. Le compravo per rendere la mia camera (e un giorno la mia casa) più accogliente, ma erano così tante che ad un certo punto diventarono il principale problema dell’abitabilità della mia stanza.
Come le mie riviste di allora, spesso arrediamo mossi dalla passione per l’arredamento o dal gusto estetico (“questo sta bene/è bello qui”), ma la casa non ci regala il relax di cui avremmo bisogno.

Il problema è che concepiamo la casa come una vetrina e la vediamo con gli occhi di chi ci verrà a trovare, con l’ansia di essere giudicati per il nostro gusto, la nostra creatività, ecc.
Invece dovremmo pensare alla casa come ad un nido, fatto per accoglierci e proteggerci dallo stress del lavoro e dal caos quotidiano, che dovrebbero rimanere fuori dalla porta.

Il mio piccolo trucco è domandarsi:

“Se fossi sicura che non entrasse nessuno per 5 anni – ma proprio nessuno, nemmeno l’elettricista, mia mamma, nessuno – come arrederei questa casa?”
“Per chi ho fatto questa scelta in casa mia: per me o per chi l’avrebbe potuta vedere?”

Con questa domanda, che, almeno nel mio caso, bisogna ripetersi per mesi e mesi prima che inizi a fare davvero effetto perchè lo sguardo “estetico” ce l’abbiamo dentro, il focus si sposta su “cosa mi fa stare bene?”
Quel soprammobile sta lì a raccontare che sono stata a Londra (e quindi sono figa, perchè viaggio!) o lo tengo a vista perchè quando lo guardo mi si scalda il cuore? Ho messo lì una mensola perchè mi sembrava proprio che disegnasse bene la parete o perchè risponde ad una mia necessità precisa di avere qualcosa a quell’altezza in quel punto (io ho scoperto che ogni mensola che aggiungo è una superficie su cui è impossibile non appoggiare cose random e mi sto disintossicando! sono quasi fuori dal giro degli anonimi mensolisti!!)?

Secondo la disciplina del design (quella seria, che migliora la vita, non le cose sparafleshose fatte per dire “quanto è belloooo”), ma anche la concezione giapponese di ‘bellezza’, se una cosa è funzionale è di conseguenza anche bella.
Quindi anche eventuali ospiti poi ne gioverebbero 🙂

Ah, quella volta delle riviste poi, ho capito che era un “o loro o me”, ma non sono riuscita a buttarle: mi sono seduta, le ho risfogliate tutte (per settimane!) e ho tenuto solo le pagine che davvero mi interessavano.
Perchè minimal non si nasce, ma ci si diventa lentamente.