8 anni fa abbiamo acquistato un terreno e scoperto la natura selvatica e la permacultura. Da lì è iniziata una lenta ma inesorabile transizione che ci ha portati 2 anni fa a lasciare entrambi il nostro prestigioso, ben pagato lavoro a tempo indeterminato. Da allora ci dedichiamo a tempo pieno alla cura del Giardino del Peromelo, alle attività di educazione ambientale e al cambio di prospettiva interiore che è in assoluto il più effimero e difficile.
Un conto è fare un atto materiale tangibile come dare le dimissioni, un altro è gestire il tempo delle proprie finalmente libere giornate senza l’ansia di produttività (ho fatto tutto quello che potevo fare? ho prodotto qualcosa? ho dato un senso alla mia giornata?) di cui siamo completamente intrisi.
Su questo bloc notes testimonio, settimana per settimana, quei lenti movimenti del pensiero e del cuore che ci stanno portando a concepire una vita fuori dalle logiche consumistiche e dal nichilismo di valori del nostro tempo.
***
20 settembre
E ADESSO?
Adesso che la disoccupazione è finita (anche se noi non abbiamo smesso un minuto di lavorare per il Peromelo), adesso che la domanda più pressante è “quindi hai scelto? che lavoro fai?”, adesso che tutti, noi per primi, si aspettano una risposta. Adesso, che si fa?
Prima opzione: puntiamo tutto sul Peromelo, con diverse proposte, perchè ancora non ce la sentiamo di escludere alcuni percorsi. Però, però, la molla che mi ha fatto arrivare fin qui ancora non si è fermata, non siamo arrivati, non abbiamo (ancora) trovato il punto. Non siamo ancora alla meta, secondo me.
Seconda opzione: si cede alla pressione sociale-economica-psicologica e si trova un lavoro standard. Qualsiasi, per poter continuare a costruire il sogno.
Terza opzione: si sta, ancora un po’. Non si cede alla pressione, non si ha fretta di dire ‘eccomi’, ma si guarda questa situazione sospesa, difficilissima da contenere, ma inedita. Il vuoto che mancava, l’interstizio tra le realtà che ci corrono intorno, che forse ha qualcosa da raccontare di molto interessante.
Se cedo ora, rientro nel sentiero. Che sia un sentiero alternativo o classico, poco importa: è una strada già segnata.
Se invece rimango in mezzo al bosco, ad esplorare questo groviglio senza forma e identità, a contemplare questo vuoto, questo non essere nè carne nè pesce, ho l’opportunità di scoprire qualcosa di nuovo.
Su di noi, per cominciare.
Tempo fa nella newsletter parlavo della storiella del tipo che parte per un lungo viaggio in giro per il mondo alla ricerca di un tesoro, che poi scopre essere nel giardino di casa sua.
E’ una metafora per dire che quello che stiamo cercando ce l’abbiamo già, che la soluzione è già in noi, che la soluzione siamo noi.
Ora ho approfondito questo concetto da un altro punto di vista, seguendo sempre le parole di Maura Gancitano: uno può passare la vita a cercare di capire qual è la sua vocazione – esplorare, analizzare, scartare – pensando che la soluzione sia là, fuori, e che occorra ‘solo’ trovare quella giusta per noi.
E allora via di corsa a trovare un’altra opzione e vedere se scatta il colpo di fulmine.
Ma questa ricerca, se hai iniziato forse ne avrai già il sentore, è senza fine, il colpo di fulmine non scatterà perchè l’opzione giusta semplicemente non esiste. Non troveremo mai ciò che cerchiamo, là fuori.
Potrebbe sembrare che sia perchè ci sono trooooopppe cose interessanti, belle, che ci corrispondono, con cui abbiamo feeling, ecc, ma nessuna E’ QUELLA LA’.
Non c’è qualcosa là fuori che magicamente risolverà il complicato enigma che siamo.
Quindi la ricerca forsennata non serve.
Allora come si fa?
Quello che non ci concediamo mai, in questa affanosa ricerca, è di fermarci e contemplarne una sola, di queste irresistibili opzioni.
Non ce lo concediamo perchè non abbiamo mai tempo, ma anche perchè nel momento in cui incontriamo un’opportunità, mai ci concederemmo di dedicarle tutta la vita, a causa del logorante dubbio che possa essere quella sbagliata e che stiamo perdendo preziosissime altre occasioni.
Invece è proprio ciò di cui abbiamo bisogno: fermarci, “scegliere un albero” dice Maura Gancitano, e contemplare.
A questo punto un albero qualsiasi, perchè abbiamo capito che, se la soluzione là fuori non esiste, qualsiasi albero è uguale ad un altro, è solo un’occasione di esprimere la nostra originalità, uno spazio, una possibilità che ci concediamo.
E mentre contempliamo l’albero davanti a noi, osserviamo noi stessi cambiare, ci facciamo modificare dall’osservazione, dalla contemplazione, dal tempo concesso, dall’ignoto a cui ci esponiamo, e allora sì, possiamo trovare un punto di vista inedito, una caratteristica che nessuno aveva visto mai.
E troviamo la soluzione – che in realtà già c’era e c’era sempre stata – in noi.
2 Agosto
Non possiamo farci carico di tutti i mali della Terra.
Non siamo capaci (in senso di riuscire e di contenere) di assorbire un tale carico di notizie, sia per numero che per gravità.
Non possiamo vivere costantemente col peso dell’inesorabile distruzione del mondo, coi nostri valori calpestati, il nemico sempre alle porte, l’incertezza del futuro, il continuo sospetto sul vicino.
Non è che siccome è tecnologicamente possibile leggere, venire a sapere, monitorare, “informarsi” su qualsiasi argomento o avvenimento sulla faccia della Terra (e ora anche al di fuori, nello Spazio e, perdindirindina, su Marte), allora è anche legittimo farlo.
Siamo carne e sangue, siamo esseri finiti, terreni, proviamo emozioni, non possiamo confrontarci costantemente con TUTTO.
C’è questa modalità performativa del dover essere informati, schierati, amareggiati, come se potessimo ridurci a cause ideologiche e dimenticare la nostra umanità, la necessità di bellezza, la vitalità.
Questo sistema di “approvvigionamento” ci deprime, ci spinge in basso, non ci permette di volare, ci tiene sotto controllo, perchè alla fine sappiamo tutto ma non ci rimane la forza per fare niente.
E sta a noi trovare la nostra personale linea di confine tra essere informati/consapevoli ed essere atterriti, schiacciati dai mali del mondo.
Abbiamo il difficilissimo e quotidiano compito di selezionare e respingere una enorme quantità di dati (serviti su un piatto d’argento) e ritrovare noi stessi in questo caos.
24 giugno
Sto ascoltando Morning (il podcast di Francesco Costa). Non ascolto podcast, mi prendono troppo tempo e preferisco leggere, ma lui è troppo intelligente e puntuale e quindi mi sono addirittura scaricata la app per poterlo ascoltare.
Avevo bisogno di conferme che la stampa ha una grossa responsabilità dell’umore e del clima generale in Italia. E’ così raro leggere/ascoltare gente onesta intellettualmente.
Sto guardando The magicians e inizio a capire alcune dinamiche sociali delle nuove generazioni, che lette sui social o in articoli di giornali apparivano troppo distanti dal nostro obsoleto modo di pensare.
Ho letto l’ultimo articolo di Baricco su Il Post. come al solito si dimostra sensibile, lucido e lungimirante nella sua analisi della realtà attuale. Lo consiglio a tutti, ma solo dopo aver letto questo e questi.
In generale il punto è capire che dobbiamo essere una nuova umanità se vogliamo parlare di futuro. dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia a quello che vorremmo che fosse, senza lamentele, scuse ed alibi.
Come lo cambieresti tu il mondo? bene, inizia a farlo (e non a parlarne, per carità, che lì fuori è già diventato troppo pieno di divulgatori sulla sostenibilità ecc ecc).
E’ luglio e la gente non ha (giustamente) voglia di impegnarsi, dopo la catastrofe da cui stiamo forse uscendo. Siamo in clima post bellico, ma molto incerto, per cui si cercano aria e sole e poco altro.
Abbiamo deciso di seguire la corrente, di lasciarci trasportare dai giorni e dal caldo impossibile (non piove, le piante soffrono, la terra si spacca, in California si prevedono più incendi del solito, a proposito).
13 giugno
Stiamo cercando di cambiare le regole del gioco.
Di rimanere in questa società ma senza le caratteristiche pregnanti di questa società.
Senza ansia, per dirne una.
Ma non voglio vivere arrabbiata. Per quanto la mia natura sia sempre quella della posizione critica, della messa in discussione, non voglio vivere una vita contro.
Voglio vivere una vita bella.
Si può vivere in maniera alternativa ai dogmi sociali senza astio? senza supponenza e senso di superiorità? si può fare “il botto”: avere la botte piena (scelgo una vita diversa dallo standard) e la moglie ubriaca (ma senza odiare)?
Ieri dicevo ad un mio amico che sono molto ambiziosa, da sempre. Io voglio tutto.
Voglio una vita a mia misura, ma senza il sacrificio di essere un’eroina, senza dedicare la vita a combattere (a costruire, quello sì).
In particolare, la mia ricerca è questa: si può fare impresa senza creare una tipica impresa (quasi certamente destinata a fallire o a molto soffrire, data la situazione delle pmi italiane)?
“…tutta la nostra ricchezza, il nostro prestigio, la nostra rispettabilità, le nostre opportunità, le nostre tutele, qualsiasi forma di sopravvivenza, derivano dal nostro lavoro. Ma il lavoro viene negato a un numero crescente di individui che quindi sono gettati nella disperazione.”
“…mentre la quasi totalità è tenuta a dimostrare giorno per giorno, attraverso il lavoro, la propria utilità al sistema, cioè al profitto.”
Domenico De Masi
1 giugno 2021
Ad un certo punto le cose prendono il via, senza che ce ne si accorga.
Il sogno piano piano si sta concretizzando, il Peromelo prende la sua strada. E noi lo assecondiamo 🙂
Questo credo sia successo perché abbiamo mollato tutto e ci siamo imbarcati.
Non si puo scindere un progetto dalle persone che lo animano, non valgono le mezze misure, e noi non potevamo pensare che il Peromelo andasse mentre noi facevamo anche altro.
E’ solo quando ci credi al 100% che una cosa funziona. E con ‘funziona’ non intendo ‘avere successo’, non so se il nostro progetto riuscirà nel senso in cui si intende oggi: so che ha preso vita, che è già un viaggio ricco di incontri belli, di cambiamento, di evoluzioni future.
Tempo fa ho letto questa roba motivazionale su instagram:
“Per capire cosa vuoi fare da grande, poniti questa domanda: se avessi 10 milioni di euro, continuerei il lavoro che sto facendo? Poniti questa domanda finchè la risposta non sarà ‘sì'”
Bene, adesso, per me è assolutamente un sì.
“La vita è lì
alla portata del salto che non facciamo”
15 maggio 2021
SULLA GESTIONE/PERCEZIONE DEL TEMPO
Beppo Spazzino nel libro “Momo”:
Vedi, Momo», le diceva, per esempio, «è così: certe volte si ha davanti una strada lunghissima. Si crede che è troppo lunga, che mai si potrà finire, uno pensa».
Guardò un po’ in silenzio davanti a sé e poi proseguì: «E allora si comincia a fare in fretta. E sempre più in fretta. E ogni volta che alzi gli occhi vedi che la fatica non è diventata di meno. E ti sforzi ancora di più e ti viene la paura e alla fine resti senza fiato… e non ce la fai più… e la strada sta sempre là davanti. Non è così che si deve fare».
Pensò ancora un poco, poi seguitò: «Non si può mai pensare alla strada tutta in una volta, tutta intera, capisci? Si deve soltanto pensare al prossimo passo, al prossimo respiro, al prossimo colpo di scopa. Sempre soltanto al gesto che viene dopo».
Di nuovo si interruppe per riflettere, prima di aggiungere: «Allora c’è soddisfazione; questo è importante perché allora si fa bene il lavoro. Così deve essere».
E poi, dopo una nuova lunga pausa, proseguì: «E di colpo uno si accorge che, passo dopo passo, ha fatto tutta la strada. Non si sa come… e non si è senza respiro». Assentì, approvandosi, e disse a mo’ di chiusura: «Questo è importante».
8 maggio 2021
IL MOMENTO DI COSTRUIRE UN NUOVO MONDO
Fino a ieri le grandi questioni che impedivano il cambiamento erano le paure (di deludere la famiglia, di fare un salto nel vuoto, di morire di fame, di non spere come curarsi in caso di malattia, di perdere il proprio ruolo sociale…).
Oggi, dopo questo catartico ed enzimatico tsunami, che fine hanno fatto quelle paure?
Dunque adesso, con tutto quello che avremo da fare per ricostruire, restaurare, migliorare, cambiare le nostre vite… con tutte le riflessioni sulle nostre fragilità sistemiche, e su quelle psicologiche, che ci hanno rivelato deboli nel resistere, troppo inclini a “sbroccare” alla prima spallata della natura… a cosa pensiamo come primo argomento: alle vacanze?
O, peggio, a riprendere la stessa, medesima vita di prima?
Oppure dobbiamo concentrarci con spietata franchezza, con coraggio, su come “Venirne Fuori”?
Abbiamo il problema del nostro portafoglio, certo, del lavoro, della scuola. Ma soprattutto, abbiamo il problema complessivo dei danni che la paura ha generato. Dunque di come ricostruire la fiducia, la speranza, l’energia. E ci serve anche una nuova rotta da seguire. Un’altra vita da vivere.
Adesso.
(Simone Perotti)
28 aprile 2021
Davanti a un bivio c’è un cartello.
«Vittoria», indica una freccia.
«Realizzazione», indica l’altra.
Dobbiamo prendere una direzione.
Quale scegliere?
Se prendiamo il sentiero per la Vittoria,
l’obiettivo è vincere!
Sperimenteremo il brivido della competizione
mentre ci precipitiamo sulla linea del traguardo.
E le folle che si stringono a sostenerci!
Finché non è finita,
e tutti tornano a casa
(mentre noi speriamo di rifarlo).
Se scegliamo il sentiero per la Realizzazione,
il viaggio sarà lungo,
ci saranno momenti in cui dovremo stare attenti a dove mettere i piedi,
altri in cui sarà possibile ammirare il panorama,
andando avanti,
sempre avanti,
mentre le folle si uniranno a noi durante il viaggio.
E quando non ci saremo più,
tutti coloro che ci hanno accompagnato lungo il cammino della Realizzazione
andranno avanti senza di noi e
ispireranno altri a unirsi a loro.
(Simon Sinek)
18 aprile 2021
DECIDERE DI NON VIVERE
Non è solo che viviamo distratti dai pensieri, le preoccupazioni, l’ansia
è che siamo abituati a vivere proiettati da un’altra parte, in un momento altro “tra poco devo fare…”, “domattina devo andare..”
Viviamo negli Stati Uniti dei serial che vediamo, passiamo più tempo su suolo americano che nella nostra cucina
non guardiamo ciò e chi abbiamo accanto e viviamo le vite degli altri
e vivendo da un’altra parte non abbiamo tempo e modo di curarci di più delle nostre vite
e così ci troviamo a scappare con sempre maggiore facilità dal nostro presente, dalla nostra vita
non viviamo nè lì dove guardiamo – il serial, il feed sui social, il libro in cui ci rifugiamo – nè nel nostro quotidiano, che ci apparterrebbe ma non degniamo di uno sguardo
e quindi non viviamo.
per questo la mindfulness sta riscuotendo tanto successo, ora capisco.
Dice Baricco che questa pandemia sta facendo più morti tra i vivi che tra i morti veri, perchè abbiamo smesso di fare tutto ciò che dà un senso alla nostra vita.
E l’abbiamo voluto o quantomeno abbiamo acconsentito a (non)vivere così, abbiamo deciso che le regole erano quelle giuste, che le priorità erano quelle dettate dal governo. Giuste o meno che siano – non giudico ciò che non conosco a fondo – le abbiamo considerate accettabili e questo come minimo ci fa chiedere: ma non è che ci stavano in fondo in fondo bene? Non è che avevamo bisogno di una scusa che legittimasse il nostro non vivere?
E,rilancia e io con lui: non è che avevamo bisogno di toccare così tanto il fondo per riuscire poi un giorno a godere di nuovo di tutte le piccole cose meravigliose che GIA’ facevano parte della nostra vita?
“… e un giorno credi questa guerra finirà
ritornerà la pace
ed il burro abbonderà
e andremo a pranzo la domenica fuori porta
a Cinecittà
oggi pietà l’è morta, ma un bel giorno rinascerà
e poi qualcuno farà qualcosa..
magari si sposerà…”
San Lorenzo, F. De Gregori
10 aprile 2021
IL SIMBOLICO DELLA PANDEMIA
Finalmente mi sono presa il tempo per leggere questo mini libro online di Baricco (è brevissimo, te lo straconsiglio. si trova anche cartaceo in libreria).
Tra le altre cose molto puntuali e utili di questo scritto, la necessità di ritornare al simbolico, dopo questa lunga era di solo sapere illuministico e scientifico, che evidentemente non è adeguato o quantomeno non ci basta.
Gli scrittori sono antenne del proprio tempo che riescono a leggere la realtà prima degli altri, la captano e la restituiscono.
Quando leggo roba potente, quando guardo profili social pregni di senso, capisco che c’è tutta una serie di contenuti che ormai mi/ci paiono belli-abbastanza-da-potergli-prestare-attenzione, ma che in realta riempiono solo il nostro tempo e non meritano le nostre energie. nove volte su dieci mi ricordo che nn voglio stare al cell o leggere tanto per, ma non mi ricordo la motivazione precisa ecioè che quello che vedo e che mi piace è in realtà deleterio perchè annacqua le cose davvero potenti che devono essere GLI UNICI oggetti della mia attenzione. Il concetto è molto semplice, ma la messa in pratica è scivolosa e quando mi servirebbe me lo dimentico.
7 aprile 2021
EMOZIONI INVECE CHE TRAGUARDI
Questa cosa del guardare alla giornata come una piazza (vedi settimana precedente) sta diventando una sorta di mantra, sono 2 giorni che vivo completamente senza ansia (durerà?? io lo spero tanto).
L’ansia di raggiungere dei risultati mi ha guidato fino a pochissimo fa e mi ha permesso di ottenere delle cose che anche dal punto di vista materiale ora mi fanno stare abbastanza tranquilla. Ma il punto è che se guardiamo al materiale, niente ti rende tranquillo al 100%: c’è sempre qualcosa che puoi fare per stare più sereno dal punto di vista economico, ad esempio.
Ma è proprio quello che mi ha fatto scattare il clic nel cervello: CI SARA’ SEMPRE qualcosa che manca per arrivare al top. E allora tanto vale vivere senza pensarci. Dando volontariamente (e arbitrariamente) importanza ad altro: ho fatto stare bene Arturo e Guido oggi? ho fatto del mio meglio per provare emozioni positive? Ho dato una mano a qualcuno che ne aveva bisogno (tipo i miei che mi chiedono cose tecniche e io rimando sempre)?
Un’altra prospettiva me l’ha data anche la distinzione tra vocazione e talento: tu puoi anche saper fare benissimo una cosa, ma non è detto che per questo motivo allora tu DEBBA farlo. O comunque puoi farlo ma senza per forza identificartici. La vocazione invece è la sensazione di “sto nel posto giusto” di essere un pesce in mezzo all’acqua.
Il talento si porta dietro uno scopo, la vocazione invece semplicemente sta.
Maura Gancitano in un’intervista di Montemagno dice: “Se sei una persona che sta facendo un percorso, ma non hai il talento come scopo, è estremamente liberatorio. La cosa importante è avere la sensazione nella vita di essere pesci nell’acqua (vocazione): oggi faccio questo e poi ne faccio un’altra…”
4 Aprile 2021
UNA PIAZZA INVECE DI UNA STRADA
Continuo a leggere “Prendila con Filosofia” di Gancitano e Colamedici. Loro spesso parlano di vivere la vita in largo invece che in lungo, cioè di non concepire la vita come una strada a senso unico con una meta finale, non vedere tutto come una crescita lineare, e guardare alla profondità invece che ai traguardi.
Quindi dare peso alle emozioni, più che agli obiettivi raggiunti. Così ho inziato a visualizzare la giornata (e la vita) come una piazza invece che come una strada.
se non c’è futuro
se non cerchiamo più la crescita ad ogni costo
se nn c’è un progresso lineare e su un’unica linea retta
allora noi nn percorriamo una strada
il nostro percorso non è un sentiero
e la vita è più una piazza
in cui incontrare
in cui sedersi
in cui osservare
in cui, in senso circolare, le stagioni, ma anche la nostra percezione, cambiano lo stesso paesaggio
Non più un videogame in cui prendere tutti gli oggetti e poi vedere se e quando ti servono, non più un’avventura lineare con una meta finale
ma un tempo circolare, vissuto al millimetro, che sta fermo sul singolo secondo, che non porta a niente, che va solo vissuto
e gli oggetti accumulati vanno lasciati andare o messi da parte per la generazione successiva
il terreno non è nostro, l’abbiamo preso per custodirlo per le future generazioni > peromelo è salvare terra da ipersfruttamento
Ho iniziato ad usare gli Intuiti Secondari del mazzo di carte Intuiti, di cui parlavo qualche settimana fa. Sono proprio agli inizi ed è un mondo sconfinato, ma mi hanno fatto riflettere sulla transizione che sto vivendo da diversi punti di vista: testa, cuore, pancia, cose materiali. E’ molto interessante, devo approfondire.
29 marzo 2021
LA SOLUZIONE CE L’HAI GIA’
Ho inviato la newsletter e tra le altre cose parlo del fatto che in realtà siamo già alla meta del nostro cercare.
Nel libro “Prendila con filosofia”, ho letto la storiella di un tipo che parte per cercare un tesoro, fa il giro del mondo per poi scoprire che il tesoro era nel giardino di casa sua.
Questa cosa è stata illuminante per me.
Mi sono detta: ok, mi posso fermare. Non devo leggere tutto ciò che è stato scritto al mondo. Non devo approfondire ogni singolo tema che mi capita sotto gli occhi. Ogni dettaglio di ciò che tratto.
Mi stavo effettivamente impantanando nell’intera conoscenza umana. Sommersa da appunti da risistemare, tab dei browser aperti, preferiti salvati per essere letti con calma, libri comprati e libri da comprare.
E non mi bastava capire che il tempo è limitato, la vita è una. Mi dicevo “questo argomento e poi smetto” come una dipendenza in piena regola.
Per il Peromelo ero nello stesso trip: guardavo solo alle millemila cose da fare ancora. Ho delle todolist lunghissime, iniziate nel 2013 e che potenzialmente non finiranno mai, perchè finito un progetto ce ne viene sempre in mente un altro.
E così il Peromelo non ci pareva mai pronto per aprire definitivamente.
Poi ho capito che il Peromelo già è. E’ imperfetto, certo. E sempre lo sarà, come le cose vive.
Non è un resort progettato da un miliardario, affidato ad uno studio di architettura, i cui dipendenti sono assunti da un’agenzia interinale, ecc ecc
E’ un luogo che testimonia la ricerca di una vita migliore, e nel farlo offre già i suoi benefici (immersione nella natura, vita selvatica, minimalismo) indipendentemente dai miei desideri e dalle mie azioni.
Quindi la conclusione è: siamo già la nostra soluzione. Serve solo guardarsi bene, con altri occhi.
22 marzo 2021
Dopo aver pensato a tutto, descritto scenari di tutti i tipi, trovato anche un modo per integrare la nostra vita con i nostri sogni invece di intenderli come mondi separati e inconciliabili
ora ho capito che se non sto bene io, non può star bene nemmeno il mio progetto
e che la bontà del mio progetto deriva e deriverà sempre dalla mia quantità di energia
quindi è venuto il momento di badare a me, di aggiustare me
La Terra è un unico grande organismo, fatto della stessa materia, che risponde alle stesse leggi
noi ne siamo parte e scindere è solo un artificio che uccide la nostra possibilità di tornare alla terra
il tempo ciclico è dilatato, le giornate sono più larghe che lunghe, tutto acquisisce senso perchè si lavora per la sopravvivenza e poco più
Ma noi non siamo contadini e non siamo retrogradi, viviamo in città ed è necessario RICONOSCERE ciò che è.
Dimenticarsi dell’ideale, smetterla di progettare il futuro e prendere in mano ciò che è, ciò che siamo, ciò che già abbiamo.
La fine coincide con l’inizio, il tesoro è già dentro di noi.
Dobbiamo solo avere il coraggio di guardarlo, di non anelare, di non tendere.
Di stare e godere.
Questo mi mette molta pace.
Non più corse e “tensioni verso”, non più roba da inglobare, studiare, aggiungere.
Ma iniziare ad impastare con la grande quantità di ingredienti che già ho sul tavolo.
Perchè anche se averne tanti a disposizione è una ricchezza, ero giunta al punto che aggiungerne rendeva impossibile ogni ricetta, riempiva il tavolo all’inverosimile e rischiavo un’abbuffata senza senso e senza gusto.
Parto da me, riconosco me, mi guardo per davvero, devo avere il coraggio di scorgere/trovare i miei limiti.
dove inizio e dove finisco. prima in superficie e poi sempre più giù.
E per farlo non devo di nuovo prendere una via accademica (di workbook ne ho riempiti già troppi), devo invece incontrare gli altri, lasciarmi definire dall’incontro con gli altri. Ai miei occhi, ai loro occhi.
17 marzo 2021
IL NOBILE COMPITO DI PRENDERSI CURA DEL SUOLO
Lo studio appronfondito del suolo, della sua meravigliosa ricchezza, delle infinite connessioni e del perfetto equilibrio tra le millemila parti che lo compongono mi ha:
– messo una pace infinita (noi umani possiamo pure fare schifo, ma su questo pianeta c’è chi sa benissimo cosa fare e come farlo. e tra l’altro probabilmente sopravvivrà a noi, anche se in tutti modi danneggiamo il loro habitat)
– fatto capire quanto siamo simili noi (con il nostro intestino in cui tutti i microbi svolgono tutto il lavoro che ci tiene in vita e protetti), il suolo e probabilmente tutto ciò che c’è su questo pianeta
– fatto capire che è un unica grande connessione, un’unica storia, un’unica materia che risponde assolutamente alle stesse leggi.
Questo mi ha confermato ancora di più che, in assenza di grandi lezioni di vita dagli umani di questa era (apparte pochissimi), possiamo guardare alla natura per orientarci e capire come vivere e come rispondere alle difficoltà attuali (nella vita, col clima, ecc)
Studiare il suolo mi ha fatto capire che stiamo già facendo qualcosa di grande. Ogni metro quadro libero da pesticidi, concimi e lavorazioni, è un metro quadro di fertilità che contribuirà a salvare il mondo. E il Peromelo ha un suolo intoccato da 8 anni!
Mi sono segnata cose che ho incrociato questa settimana tra libri, articoli e video.
Guarire la terra, nutrire gli uomini
Creare valore a partire da ciò che sembrava non averne.
Tutelare la terra significa avere il coraggio di consegnarla alle generazioni future.
“E noi abbiamo scoperto che il nostro mestiere di contadini, su un piccolo appezzamento di terra in una valle della Normandia, incide su tutte le grandi tematiche contemporanee: la sicurezza alimentare, la salvaguardia della biodiversità, la fame nel mondo, il riscaldamento climatico… Questa prospettiva ci riempie di speranza e di voglia di fare!
I contadini di domani saranno custodi della vita, le loro fattorie saranno luoghi di guarigione, di bellezza e di coerenza.”
Fattoria del Bec Hellouin
Un’altra cosa che ho letto tra i permacultori: “Passare da essere il problema a diventare parte della soluzione”
10 marzo 2021
INTEGRA INVECE DI SEPARARE
Cercavo di classificare i chili di appunti presi mentre seguivo le video lezioni su gestione dell’acqua, funzionamento del suolo, food forest e orto sinergico.
Difficilissimo: perchè l’orto è legato al suolo e all’acqua, l’acqua è legata al suolo, la food forest è legata al suolo e all’acqua e all’orto. Insomma impossibile dividere tutto in cartelle.
Così mi sono ricordata del principio di Permacultura “Integra invece di separare” e ho iniziato a riflettere: dove lo applico, come mi comporto, dove lo ritrovo, ecc.
Io, per come sono fatta, analizzo e disgrego, arrivo ad un tale livello di dettaglio da perdere l’interezza dell’esperienza della vita che è tutta legata, non disgregata come la intendo io e come piace vedere le cose.
Ma una realtà tutta connessa, che non deve essere necessariamente compresa nei miei parametri, nelle mie nozioni, è più bella e mi mette più pace.
Il mio limite è che non mi voglio affidare all’irrazionale, costruisco organizzando e temo che non organizzando si perda tutto, non si arrivi al risultato che voglio, ma il risultato che voglio È (la gioia del)l’irrazionale.
Vorrei che il Peromelo fosse una festa. Ed una festa non si può progettare al millimetro, sennò non funziona.
“Osserva ed imita la natura, e senza accorgerti, dimenticherai di doverti mostrare interessante al resto dell’umanità”.
cambiare sistema di vita, concetto di lavoro
non stare sempre con l’ansia di dover fare per poi dover mostrare
un eterno cantiere mai pronto per il debutto
ma considerarci pronti, come nella vita così nel lavoro
il Peromelo che diventa vita e non lavoro
deve essere parte integrante, crescere con noi
il Peromelo già è
bisogna solo vederlo con gli occhi del presente invece che con quelli del futuro
INTEGRARE è la parola chiave
3 marzo 2021
SPONTANEITA’
Da qualche tempo uso il mazzo di carte Intuiti, creato da un designer del Politecnico di Milano e basato sulla Gestalt (associazione forme/significati universali).
Io non conosco i tarocchi quindi non so quanto sono simili i concetti di base, visto che entrambi si basano sugli archetipi, ma so che c’è l’enorme differenza nel fatto che questo mazzo non affida le cose al caso (le carte si usano scoperte) e che non hanno per niente scopo divinatorio, non parlano del futuro, ma del presente. Io le trovo molto utili per mollare un po’ la mia solita razionalità e riflettere per simboli invece che per sillogismi. E’ incredibilmente liberatorio e mi sembra sempre una coccola.
Quello che mi sto dicendo con questo ed altri strumenti è che ho bisogno di maggiore spontaneità. Di non calcolare tutto al millimetro, di cercare più le emozioni che il “tutto a posto”.
Ho capito la teoria, ma la pratica mi rimane ancora difficile. Come si è più spontanei? Come si fa a provare più emozioni?
L’unica idea che mi viene in mente è stata: stai di più in mezzo alla gente (ok, aspetto la fine della pandemia, magari!).
E poi è successa una cosa: sono mesi che, tra business plan, marketing, libri, studio matto e disperatissimo, progetti e schemi mentali, cerco di trovare LA soluzione definitiva per le attività del Peromelo e invece la soluzione l’ho trovata chiacchierando per caso con un’amica, in relax, al mare, mentre i bimbi giocavano.
Quindi più sentimento e meno ragione.
“Può portare a veri disastri quando si smetta di ascoltare la vibrazione del mondo, il suo respiro reale, e si finisca per fidarsi solo di quegli avatar che chiamiamo numeri.”
A. Baricco
1 febbraio 2021
ESSERE UTILI PER GLI ALTRI
Sto cercando di capire meglio il sentimento della compassione, Chiara Gandolfi di Balenalab dice che è legato all’archetipo dell’Angelo Custode, “ci orienta a cogliere le doti delle persone e a offrire loro i nostri occhi quando non le vedono”.
I talenti sono quelli che ti riescono facili, di cui facilmente anticipi le fasi, che facevi da bambino e magari non hai espresso > hanno senso nel momento in cui li usi.
Siamo tutti in un viaggio dell’eroe, quindi
1. IO chi sono, cosa posso fare per gli altri
2. L’ALTRO chi è, di cosa ha bisogno, in che fase si trova
La missione di leader consiste nel far evolvere le persone all’interno di un contesto che a sua volta evolve.
15 Gennaio 2021
RITORNO ALLE PIANTE
Dopo anni che ci concentravamo sulle strutture e sull’accoglienza degli ospiti, il Peromelo, con la sua carica di necessità e praticità, ci ha gradualmente riportato alle piante, alla loro cura, alla loro comprensione più profonda.
Mi sono rimessa a studiare per la food forest e mi sono ritrovata a riprendere i libri di Permacultura da dove è partito tutto il progetto del Peromelo. Rileggendoli oggi ho trovato risposte che 10 anni fa forse non ero pronta a capire e che mi hanno fatto capire quanto il Peromelo ci stia cambiando dentro.
27 Ottobre 2020
Perotti ha portato nuova energia, conferme, senso di libertà
un “andrà tutto bene, sei sulla strada giusta” che quasi mi ha fatto venire voglia di dire “ah, ok, allora senza che mi sbatto così tanto”, ma soprattutto mi ha fatto sembrare inutile tutta una serie di cose che sto pensando per il Peromelo, come se fosse troppo, roba solo giustapposta, ma non essenziale, non necessario (pp!)
Cos’è necessario?
perchè non siamo soddisfatti/contenti/sereni? Non bastava avere la giusta intuizione e lasciare il lavoro, serve un equilibrio interno.
Guido se non fa, si deprime. ma anche io senza progettare, aggiungere, studiare e in definitiva produrre, non so esistere. Questa è la vera sfida a cui siamo chiamati.
Il Peromelo anche me l’aveva detto, dopo un mese di progettazione cittadina e casalinga in quarantena, appena siamo arrivati lì. Tutto è apparso così dannatamente superfluo.
H bisogno di una stella polare, di una cosa univoca che guidi il mio, il nostro fare. una cosa riassuntivissima.
Qual è il punto?
La necessità – l’autosufficienza – la libertà – il less is more – il contatto col selvatico – la frugalità
Se la nostra vita fosse fatta di difficoltà da superare, forse sarebbe migliore: ieri abbiamo comprato un regalo, ma se lo avessimo creato noi, i giorni precedenti avrebbero avuto un senso.
Ecco, la ricerca o meglio la creazione di senso. L’attribuzione, meglio. L’attribuzione di senso.
Forse abbiamo voglia di fare perchè non siamo soddisfatti.. è ora di fare cose che ci diano soddisfazione.
Più che continuare a migliorare il posto, dobbiamo curare noi, avere le idee sempre più chiare, chiudere i cerchi, prenderci cura di noi, guardare le nostre vecchie fotografie, disegnare, respirare, riposare.
11 Settembre 2020
MANCANZA DI SENSO
Per integrare quello che ho scritto oggi in newsletter.
Umberto Galimberti – grande filosofo e mio mito da sempre – parla di Nichilismo: dice che i valori cambiano sempre di era in era, ma questa volta a quelli precedenti non ne stiamo sostituendo di nuovi e che, se fino ad ora era stato vissuto come una promessa, per la prima volta nella Storia il futuro è vissuto come una minaccia.
Come persona e come mamma, sento che c’è un forte bisogno di ri-iniettare SENSO nelle nostre vite. Perché non sia “tanto è uguale”; perché la vita non scorra solo per inerzia; perché non ci sia rassegnazione per ciò che è com’è; perché possiamo riscattare qualsiasi situazione; perché capendo le cose come stanno possiamo volgerle a nostro vantaggio, invece di subire un sistema che ci vuole automi compranti.
2 Settembre 2020
COSA TENERE E COSA LASCIAR ANDARE
La mia amica Camilla mi ha passato un’immagine, tratta da un libro di Brene Brown, che ha avuto un grande impatto su di me e che riguardo ogni volta che mi perdo.
Mi aiuta a capire che devo partire dalle cose basilari se voglio un cambiamento reale. Devo partire da me, se voglio sentire qualcosa di diverso nella mia vita.
15 Agosto 2020
AVERE UNA CAUSA
Mentre lavoravo per la centesima volta sulla mission (è il mio mestiere, tecnicamente l’ho trovata da tempo, ma non mi convince mai), mi sono detta “ok, so quello che il Peromelo può offrire agli altri, mi rende felice, soddisfatta, ma non mi smuove profondamente”.
Cerco qualcosa di potente come salvare le vite dei migranti nel Mediterraneo (lavoro che ammiro molto e gode di tutto il mio rispetto), ma forse conduco una vita troppo privilegiata (bianca, italiana, europea, ecc) per avere una mission (personale, prima che peromelica) che davvero può fare la differenza.
Così mi sono accorta che non ho lasciato il lavoro per avere più tempo libero, la famiglia, il capitalismo, ecc: quello era un aggancio, una scusa.
Ho lasciato il lavoro perchè voglio fare qualcosa di profondamente importante.
Voglio essere PER gli altri.
Voglio avere una causa (che poi è l’ikigai, che studio da tempo).
E non mi fermerò fino a che non la trovo.
6 Agosto 2020
Lo Stato è quello di Ustica, quello delle ricostruzioni dopo i terremoti,
lo Stato non è più noi, non è una nostra rappresentanza, lo Stato sono loro, quelli che vogliono il potere, che sono altro da noi.
I capi da una parte, il popolo (subordinato) dall’altra.
Non credo che ci possa essere dialogo, che ci possa essere reale rappresentanza, se le motivazioni personali che portano le persone a ricoprire quei ruoli hanno a che fare solo ed esclusivamente con il successo, la fama, i soldi, il privilegio. Escludo, ormai, che si possa diventare politico con il fine di mettersi a servizio del popolo, del cittadino, del bene comune.
Non saranno i singoli uomini della classe ‘dirigente’, quelli che siedono nelle camere del potere, a garantirmi una casa, giustizia, la vita. Non spenderanno energie o il loro preziosissimo tempo per qualche disguido nella mia vita, nè lo farà per loro qualche dipendente statale se non per conoscenze.
Diciamo che i politici dormono la notte, anche se non si ha verità per Regeni, se sulla nostra tavola arrivano sempre più veleni,
O forse no, non dormono la notte: magari sono vittime di giochi di potere, rischiano di finire in carcere perchè verrà fuori quel loro bieco segreto, sono nel mirino di qualche indagine, stanno pianificando la loro prossima strategia d’attacco.
(Che non dormano comunque è il minimo che gli possa, che gli debba, capitare. Non credo di esagerare se paragono ogni candidatura ad un moderno patto col diavolo: farò di tutto pur di avere quei soldi, passerò sopra tutto pur di essere il prossimo leader.)
Per questo devo essere io a pensare a me, per me. Senza lo Stato, oltre lo Stato, cioè contemplando anche lo Stato, come ulteriore variabile, quando non ostacolo.
E dietro questa ineluttabile perdita di fiducia per lo Stato, c’è la consapevolezza che il problema è accanto a me, in ogni singolo cittadino che ha già perso il buon senso, la volontà, la pudicizia, la dignità, il pensiero critico e si è asservito, anni o un momento fa, al main stream. si è adagiato, senza accorgersi che si è fuso nella melma in cui a fatica strisciava e costituisce altra melma in cui siamo costretti noi a muoverci.
1 Agosto 2020
INFOXICATION
Ho deciso. Basta giornali online. Instagram solo per pubblicare e non per guardare. Basta ulteriori nozioni di marketing ricattata dalla continua innovazione. Basta tutte le informazioni che parlano del mondo-standard-primo mondo. Sembra che ti facciano stare sul pezzo, ma in realtà ti iniettano cinismo e sterilità.
Se voglio una ricetta diversa, devo smetterla di nutrirmi dei soliti ingredienti, negativi, annichilenti, deprimenti, disumani.
Da oggi riprendo i miei vecchi amori: filosofia, Nietzsche e Galimberti.
5 giugno 2020
Ci si sta indurendo il cuore. Ecco cosa.
Siamo più attenti, più stanchi, più colti o comunque più informati. Siamo più consapevoli, più saggi e pure un po’ più vecchi.
Abbiamo progetti, ambizioni, conti da far quadrare, figli da educare, etiche da difendere.
Siamo supereroi del quotidiano, ma per la strada perdiamo qualcosa.
Voglio ridere tante volte al giorno, come quando avevo quindici anni. Voglio sentirmi in balia degli eventi, come quando ero all’università. Voglio avere paura, come quando non sapevo se sarebbe durata. Voglio avere nostalgia, come in Farewell di Guccini. Voglio che mi straripi il cuore, come quando l’ho visto la prima volta.
Voglio scrivere sul diario e prendermi in giro anni dopo a rileggerlo.
Ma per tutto questo c’è bisogno di tempo. E di spazio. E io ho deciso che voglio prendermelo.
20 Aprile 2020
FUTURO
Fino alla nostra generazione, futuro voleva dire promessa delle cose belle che verranno. Da grande voglio fare, da grande sarò…
Ora il futuro si è trasformato in minaccia, non solo perchè l’abitabilità del pianeta è sempre più pregiudicata, ma perchè non sappiamo più dare un orizzonte di senso ai nostri bambini.
Ci attacchiamo al mondo che abbiamo vissuto fino ad oggi, che pero nel frattempo è diventato obsoleto: la tradizione, gli insegnamenti dei nostri genitori, le nostre categorie di pensiero mal si adattano a cio che stiamo vivendo e ci aspetta.
Non è solo il ritmo sfrenato e non è nemmeno la tecnologia, è che con questi mezzi si è creata una nuova umanità che sembra rispondere ad altre regole.
Alcune le conosciamo, quando eravamo piccoli c’erano, ma ora sono amplificate: ad esempio, la competitività. quella tra bambini che già a 3 anni fanno a gara di competenze extra scolastiche e laboratori creativi; quella tra scuole che si riempiono di riconoscimenti e premi; o quella nei giochi online che spesso sostituiscono qualunque forma di conversazione tra compagni di classe.
Altre non sappiamo gestirle, ad esempio la velocità tra stimolo e risposta, tra desiderio ed appagamento, come quando hai voglia di qualcosa – di qualsiasi cosa -, lo ordini su Amazon e il giorno dopo ti appartiene; o quando hai un dubbio e non fai in tempo a mettere in moto il cervello che Google ti ha già risposto. Lo diamo per scontato ma il lasso di tempo che intercorreva tra domanda e risposta il cervello lo usava per crescere, formarsi, sondare, scoprire. Ora non più. E se noi abbiamo avuto la fortuna di usarlo prima dell’avvento dell’online, i nostri figli no.
In questi giorni ho ripreso “I barbari” di Baricco: quando dico “abbiamo avuto la fortuna” so che è solo il punto di vista della vecchia generazione, che considera valore qualcosa di ormai obsoleto e che la nuova generazione non solo ignora ma ha già superato. Ovvero: chi l’ha detto che il miglior modo di usare il cervello è trovare risppste a domande a cui google può rispondere? magari se lo liberi dall’enciclopedia in cui l’abbiamo trasformato, può fare cose incredibili che non sappiamo.
Quanto meno è un punto di vista da tenere sempre in considerazione.
20 Aprile 2020
TUTTI INSIEME?
Sopravviviamo se abbiamo una prospettiva. Se non ci fermiamo alla claustrofobia del singolo giorno chiusi in casa.
E ora che ci dicono che tutto sarà difficile e che il mondo come lo conosciamo crollerà, la prospettiva potrebbe finalmente essere il condividere con gli altri.
Lo dico senza retorica: chi mi conosce sa che non sono nè dolce, nè buonista, nè tanto meno assistenzialista.
La vera retorica, quella degli hashtag e del paternalismo verso il vicino di casa, la lascio alle istituzioni. A me preme un’altra cosa e mi piace che possa essere il focus per uscire con più grinta dalla palude in cui siamo finiti.
Mi piace pensare che dopo questa tirata di freno a mano in autostrada, avremo così nostalgia del contatto umano da abbandonare i pc sulle scrivanie, i cellulari in tasca, le meschinità nel passato.
Che riapriranno i piccoli alimentari, che se devo andare a Lidl e poi fare beneficienza, tanto vale che pago di più i prodotti della signora Anna qui sotto.
Mi lamento sempre dello sfilacciamento della società, della perdita del senso di comunità: ecco, come dopo una guerra adesso il problema potrebbe essere l’egoismo in cui si chiude il sopravvissuto che si vuole accaparrare le scarse risorse.
5 Aprile 2020
NUDI
Questa quarantena ci spoglia. Anche letteralmente: niente vestiti nuovi, niente tinta per i capelli, molti si sono fatti la barba e hanno trovato un viso che non vedevano da anni, molte lamentano l’assenza di un’estetista.
Ci spoglia e ci fa tornare noi stessi, animali nudi e crudi, fatti di necessità basilari e carnali. Che finalmente si riducono solo a ‘voler stare con gli altri’.
23 marzo 2020
SERVI E COMUNITA’
[…] …l’Italia sia un paese libero, nel senso che c’è sì la libertà, ma quella dei servi, non quella dei cittadini. La libertà dei servi consiste nel non essere ostacolati nel proseguimento dei nostri fini. La libertà del cittadino consiste invece nel non essere sottoposti al potere arbitrario o enorme di un uomo o di alcuni uomini.
[…] …un sistema di corte, vale a dire una forma di potere caratterizzato dal fatto che un uomo sta al disopra e al centro di un numero più o meno grande di individui – i cortigiani – che dipendono da lui per avere o conservare ricchezza, status e fama.
[…]
La caratteristica precipua del sistema di corte è infatti la sua capacità di diffondere o rafforzare i costumi servili: l’adulazione, la simulazione, il cinismo, il disprezzo per gli spiriti liberi, la venalità e la corruzione.
[…] … tutto questo è avvenuto per la nostra secolare debolezza morale (nonostante gli splendidi esempi di grandezza che onorano il nostro passato e il nostro presente). Per debolezza morale intendo quello che tanti scrittori politici hanno spiegato, ovvero la poca stima di se stessi, che a volte si maschera di arroganza, che rende inclini ad accettare di dipendere da altri uomini. Dato che ritengo di valere poco, perché non dovrei servire i potenti, se ne traggo buon profitto?
[…]
Poiché a mio giudizio la causa del male italiano sta nei costumi e non nelle istituzioni…
La libertà dei servi – M. Viroli
“Nella corte si vede livor ne’ cuori, simulazione ne’ volti, dolcezza nelle parole, veleno ne’ desideri: vilipesa la semplicità e celebrata l’astuzia, insidiata l’innocenza e temuta la scellerataggine, sublimato il favor e depresso il merito”
Gesuita riportato da Gioberti (citato da Viroli)
Il rimedio è riscoprire o imparare il mestiere di cittadini. Il primo passo è capire il valore e la bellezza dei doveri civili. Ciò che distingue davvero la persona libera dal servo è infatti il sentimento del dovere.Una persona che ha il senso del dovere non può mai farsi servo o cortigiano per la semplice ragione che gli onori e i benefici che otterrebbe sarebbero sempre inferiori al danno di perdere se stesso.[…]
I cittadini liberi sono l’opposto dei cortigiani e dei servi perché non sono né indifferenti, né cinici, ma vivono con serietà il proprio tempo e non si rifugiano nella risata di fronte alla miseria della condizione umana.
Sorridono delle debolezze umane, ma ammirano e perseguono grandi ideali.
La libertà dei servi – M. Viroli
Che diritti avrebbero mai gli altri, se non sentissimo noi il dovere di riconoscerli, limitando per ciò la nostra libertà con una norma? Ma la suprema norma di tutte queste norme è sempre l’incondizionata nostra volontà morale di capire i punti di vista altrui, di metterci nei panni degli altri: dalla quale discendono, com’è chiaro, tutti gli altri essenziali ‘diritti innati’ […]
Guido Calogero citato da Viroli
Operare per i principi che noi ci siamo dati è la più alta forma di libertà, quella di chi è padrone di se stesso e non obbedisce ad altri che a se stesso. Non siamo liberi nonostante i doveri, ma grazie ai doveri.
Anche di fronte ad un potere oppressivo, chi è moralmente libero rimane tale, e dal senso del dovere trae la forza morale di resistere. A maggior ragione la persona che vive la libertà morale non si lascia vincere dalle seduzioni della corte perché non è disposto a pensare, parlare, vivere come il signore comanda, ma vuole avere i suoi pensieri, le sue parole e la sua vita.
[…]
Le testimonianze di persone che hanno lottato in modo giusto per la libertà sono concordi nell’affermare che a spingerli e a sostenerli nella lotta sono stati il senso del dovere e lo sdegno, più che l’interesse o i diritti.
L’interesse li spingeva piuttosto a starsene a casa e a trarre il miglior profitto possibile dalla condizione di sudditi o di servi, o di clienti. Chi crede che l’interesse o il bisogno materiale muovano gli individui a lottare per la libertà dimentica che in molti casi non si sta poi troppo male sotto il dominio di regimi tirannici o totalitari, o di corte, se dalla vita cerchi soltanto benessere e onori.
Con un po’ di astuzia – qualità che in Italia non è mai mancata – puoi ricavare più agevolmente benefici dai regimi corrotti che da una buona repubblica.
[…] il problema italiano era la debolezza morale, nell’elite e nel popolo, che nasceva da secoli di dominazione straniera, di governi tirannici e corrotti, e di cattiva educazione religiosa. La rinascita, di conseguenza, doveva essere morale…
Il Risorgimento c’è stato perché abbiamo avuto uomini dotati di grande forza interiore, liberi moralmente e perciò invincibili e capaci di suscitare grandi energie politiche.
[…] chi vive secondo la religione del dovere sente la responsabilità di essere d’esempio e l’esempio e gli esempi, è noto a tutti, educano più delle parole.
[…]
La corte e i cortigiani […] sono gli artefici dei costumi, e bisogna operare per sostituire i modi di pensare e vivere servili con quelli propri del vivere libero. Sul costume si agisce con l’educazione civica. Formare persone libere vuol dire educare individui che non saranno mai sotto il nostro dominio, né sotto il dominio di altri; che vogliono essere se stessi e non dei servi modellati dalle parole e dai cenni di un signore; che accettano la fatica di pensare con la propria testa e di camminare con le proprie gambe lungo la strada che hanno scelto, consapevoli che prima e al di sopra della famiglia, oltre alla libertà e alla dignità della persona, c’è la Repubblica, con la sua Costituzione e le sue leggi.
[…]
Perché deliberino e agiscano da cittadini, gli individui devono dunque sentire determinate passioni. La più necessaria è l’amore del vivere libero e la repulsione per il vivere servo.
Nell’amore per la libertà ci sono molte componenti: la lealtà all’insegnamento dei padri e dei maestri, la convinzione religiosa che l’uomo non è fatto per servire altri uomini ma solo Dio, una particolare sensibilità per l’armonia e la bellezza.
[…] l’amore della patria è una forma di caritas, di amore compassionevole verso persone e cose delle quali percepiamo la bellezza, il valore e la fragilità. E’ proprio questa costellazione di passioni, sentimenti e ragioni che spinge alla cura e al servizio, due aspetti essenziali della vita da cittadino.
Accanto all’amore della libertà, colloco la passione dello sdegno, inteso come quel profondo senso di repulsione per l’ingiustizia che è proprio degli animi grandi ed è invece del tutto sconosciuto agli animi servili e ignobili.
[…] lo sdegno è, in senso stretto, un’ira buona di fronte all’ingiustizia, o meglio ancora l’ira dei buoni: l’ira nei confronti delle persone contro le quali è giusto provare ira. […] E’ la virtù dei precursori, degli anticipatori, di quelli che dimostrano che si può lottare e incoraggiano gli altri a seguire il loro esempio anche quando la prudenza, con buoni argomenti, consiglia di stare fermi, di tacere, di adeguarsi e di piegarsi.
[…] Intransigenza contro cedimento.
La libertà dei servi – M. Viroli
“Nietzsche parlava di risentimento per dare una spiegazione a tutto quanto vi fosse di futile e represso nella vita moderna. Sosteneva che le origini della civiltà europea andassero cercate in un’epoca d’oro, eroica, dove si onoravano la rabbia nobile e la vendetta eseguita rapidamente (la chiamava “la morale dei signori”). A un certo momento, durante l’impero romano, Nietzsche credeva che questa “morale dei signori” avesse cominciato a indebolirsi fino a scomparire, e che al suo posto avesse preso piede un diverso genere di atteggiamento – “la morale del gregge”. Gli schiavi dell’impero romano soffrivano per il trattamento sprezzante che riservavano loro i padroni, ma non avevano la possibilità di esprimere la loro indignazione per paura di venire puniti duramente. Di conseguenza, reprimevano l’impulso di vendicarsi, e al massimo si limitavano a tirarlo fuori in piccoli atti di stizza e dispetto.
Stando a Nietzsche, era questo insieme di rabbia repressa e negazione a caratterizzare il risentimento ed erano stati gli insegnamenti religiosi dell’ebraismo e del cristianesimo a propagarlo, con la loro visione di una paziente sopportazione della vita sulla Terra per poi ricevere un risarcimento nell’aldilà.
voce “Risentimento”, in Atlante delle emozioni umane
Pensiero mio:
Il contrario della comunità, del bene comune, è il servilismo.
Dal punto di vista psicologico è l’egoismo del singolo, ma effettivamente lavorare su quello è quasi impossibile.
Dal punto di vista sociale invece il problema è asservire – per moda o guadagno – un dio, un mito, brillante, vacuo e accentratore.
Guardo al mio tornaconto, guardo a chi promette di offrirmelo a minor dispendio di energie (anche nel marketing è pieno di “diventa ricco senza sforzo”) e così non guardo più al mio vicino (e da tempo ho smesso di guardare me stesso)
La leva potrebbe essere ridare fiducia al singolo, dargli gli strumenti per ritrovare il proprio valore così da fargli pesare la devozione e la subordinazione della propria anima a qualcosa di esterno.
Inoltre trovando il tuo valore puoi realmente metterlo a servizio dell’altro, nella comunità.
7 settembre 2018
CONSAPEVOLEZZA
Se c’è una cosa che la campagna mi ha dato è la sicurezza nel camminare in città. Magari ho fango sotto le suole o la maglietta bucata, ma so cosa esiste di bello al mondo e questa consapevolezza mi fa camminare con leggerezza tra le strade.
17 Luglio 2018
NATURA COME FONTE DI VERITA’
Il contrario di verità per me non è ipocrisia, falsità, bla bla. Il contrario di verità per me è artefatto.
E’ da questo che scappo. vorrei le cose come sono. Non come serve che siano o come sarebbe bello che fossero.
Vorrei un mondo su cui poter poggiare fiduciosa la pianta del piede.
Cerco qualcosa di puro, senza compromessi, soprattutto senza manomissioni umane. perchè ritengo che il pantano in cui siamo finiti sia causato da un eccesso di intervento umano e che quindi per uscirne ci sia bisogno di qualche passo indietro da parte nostra.
Ok, cosa c’era prima di noi? la natura selvatica.
Che è la stessa che ci permette di vivere. È il mondo vegetale che ci dà ossigeno per respirare, questo lo sappiamo tutti, ma non ci fermiamo mai a pensare che se le piante avessero avuto delle diverse sostanze di scarto noi probabilmente avremmo bisogno di quelle per vivere. Siamo la diretta conseguenza dei loro scarti, a livello evoluzionistico. Siamo ancor più interconnessi di quanto ci piaccia pensare.
Ma non sappiamo nulla di loro. Studiamo come andare su Marte, ma non conosciamo il funzionamento delle piante, nè tutte le specie presenti sulla Terra.
Allora vuoi vedere che se conoscessimo meglio ciò che ci ha permesso di esistere e che garantisce la nostra sopravvivenza, se capissimo meglio i rapporti che abbiamo con ciò che ci circonda staremmo meglio?
Magari smetteremmo di affannarci a cercare nello spazio, in dio, nei soldi, quelle risposte che abbiamo già a portata di mano.
Bene, io mi avventuro, chi viene con me?
5 Aprile 2018
VOLEVO CAMBIARE IL MONDO E INVECE
Invece ho capito che dovevo trovare la mia porzione di mondo da cambiare, perchè si può partire solo dal nostro piccolo. E allora ho cercato e studiato e ho trovato davvero tanti metodi per capire come procedere.
Siamo partiti con la presunzione di cambiare le persone completamente intrappolate nella ruota del criceto lavoro-spendo-dormo, volevamo portare i loro figli nel bosco per insegnargli la libertà dell’aria aperta, volevamo essere la molla che faceva cambiare vita.
Ma la verità è che nessuno cambia nessuno (Guccini diceva “non capisci se non l’hai capito già”) e portare al Peromelo gente “fighetta” che non si vuole sporcare le scarpe diventava una brutta esperienza per loro e per noi.
Per questo motivo ci rivolgiamo direttamente a chi è già abbastanza sensibile da aver capito che la strada percorribile è una sola, quella fatta di curiosità e meraviglia, quella che si guarda intorno e si connette con tutte le storie che vivono su questo pianeta.
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