I materiali naturali e non strutturati sono un mezzo formidabile di conoscenza del mondo e al Peromelo ne facciamo largo uso (e ne costruiamo anche di nostri, te ne parlo qui).
MA, ad esempio, usiamo anche giochi di plastica se ben progettati e utili all’apprendimento.
Come per l’educazione in generale o la corsa a chi è più sostenibile, a chi è più ecologico, naturale, ecc, vedo spesso un’ortodossia che divide il giusto dallo sbagliato, che condanna e demonizza inesorabilmente intere categorie di materiali, ambiti, pensieri.
Mi sembra un estremismo molto pericoloso.
A voler approfondire, infatti, Outdoor Education non vuol dire solo ambiente naturale (o, visto che tutto è naturale, anche la bomba atomica, sarebbe meglio parlare di campagna, montagna, ecc), ma anche città, perchè il focus è sul bambino, le sue interazioni, il suo potersi muovere autonomamente e consapevolmente in un ambiente e non sugli strumenti usati, che sono solo mezzi per un fine.

Penso che spesso una serie di materiali/ambienti/ambiti vengano ritenuti ‘sacri’ soprattutto perchè NOI ADULTI abbiamo bisogno di dividere il bello dal brutto, il buono dal cattivo, ciò che vogliamo salvare da ciò che vogliamo allontanare (come certe camerette di design svedese, legnose, monocolore, incredibilmente rilassanti per noi a guardarle, ma molto lontane dall’espressione personale di un bambino).

Così però si corre il rischio di offrire ai bambini una sola via, una sola alternativa che, per quanto ‘santa’ sia, corrisponde comunque ad una visione limitata della realtà, ad uso e consumo nostro, che depaupera l’esperienza generale dei nostri figli, a volte ridicoli e in difficoltà nell’incontro con ciò che invece è ritenuto standard dal main stream (penso ai pupazzetti di plastica, a certi cartoni animati, a certe ludoteche).

Sono assolutamente dell’idea che bisogna controllare ciò con cui i nostri bambini interagiscono, ma senza il pregiudizio a monte che solo un gruppo ristrettissimo di cose vada bene per loro e penso che si tratti anche di avere più fiducia in loro, nella loro capacità di discernimento ora che sono piccoli e in futuro, quando da adulti opereranno delle scelte sicuramente influenzate dalla libertà con cui hanno potuto conoscere il mondo.